Pensare con gli occhi – una rubrica sul cinema vivente.
Il Robot Selvaggio: un ossimoro narrativo che esplora robotica, natura ed ecologia in un racconto emozionante per tutte le età.
A ben vedere un titolo come Il robot selvaggio (che ricalca l’originale sia del romanzo di Peter Brown sia del film) sarebbe da collocare nella figura retorica dell’ossimoro: due termini di senso contrario o fortemente contrapposti tra loro.
Come potrebbe, infatti, un robot, cioè il massimo della specializzazione di una macchina, essere contemporaneamente “selvaggio”, cioè il massimo dello stato di natura?
Sono ormai più di cent’anni che utilizziamo la parola “robot”, che deriva dal ceco “robota” (lavoro pesante o forzato) e fu inventata dallo scrittore di fantascienza Karel Capek per il suo dramma teatrale R.U.R., pubblicato appunto nel 1920.
Da allora non si contano le storie scritte o filmate che mettono in scena esseri artificiali creati al servizio dell’umanità, dai cicli dei robot di Isaac Asimov ai mille robot visti al cinema.
Peter Brown, nel primo dei tre romanzi dedicati alle avventure di ROZ, una unità macchina di altissima tecnologia perduta durante una tempesta che ha coinvolto la nave cargo che la trasportava, unisce con sapienza, come ha fatto poi Chris Sanders nella riduzione cinematografica, sia la robotica che l’etologia, costruendo un racconto di grande intensità ed emozione.
Capita infatti che ROZ sia il primo essere “vivente” ad essere visto da un anatroccolo appena uscito dal suo uovo e che sia quindi, in perfetta coerenza con gli insegnamenti di Konrad Lorenz, identificato come “mamma”. Si aggiunga la presenza di una volpe meno orientata di quanto voglia far credere alla pura sopravvivenza alle spese di esseri posti a livello inferiore della scala alimentare.
Ecco quindi che le avventure di ROZ, di Beccolustro (così verrà battezzato l’anatroccolo) e della volpe Fink possono svilupparsi coinvolgendo tutti gli altri animali della foresta e facendoci seguire non solo la maturazione del rapporto fra i tre personaggi principali e di ognuno di loro singolarmente, ma anche il presentarsi della questione principale del nostro tempo, quella ecologica, considerata dal punto di vista sia della tecnologia che della natura.
Sono incompatibili l’una con l’altra? È possibile una convivenza che non preveda la reciproca distruzione? E, ancora, lo stato di natura è immutabile o può godere di cambiamenti positivi in relazione alle modificazioni del contesto in cui si vive?
Temi cruciali, da seriosissimi convegni accademici e da ponderosi trattati scientifici, che vengono qui trattati e sviluppati con una capacità non comune di parlare sia agli adulti che ai bambini e alle bambine, inducendo negli uni e negli altri divertimento, preoccupazione, ilarità, ansia, commozione e gioia, cioè tutta una gamma di emozioni che, quando innescate da ottimi film come questo, preludono a successive riflessioni e approfondimenti, sia individuali che collettivi.
Ecco quindi che, anche grazie al preziosissimo lavoro di disegno e di animazione di un grande team di artiste e artisti, coordinati dal regista Chris Sanders che già aveva dato prova delle sue grandi
capacità con Lilo e Stitch (2002) e con Dragon Trainer (2010), ci troviamo di fronte ad un’opera di notevole qualità estetica, di buonissimo sviluppo narrativo, di risultato complessivo più che apprezzabile.
IL ROBOT SELVAGGIO
(The Wild Robot)
USA, 2024
regìa: Chris Sanders
soggetto: Dal libro di Peter Brown
sceneggiatura: Chris Sanders
musica: Kris Bowers
produzione: Dreamorks Animation
distribuzione: Universal Pictures International Italy
colore
Animazione CGI
durata: 102’
Foto di: Jehyun Sung su Unsplash
Foto di copertina by Foto di Townsend Walton su Unsplash