Carlo Ridolfi ci parla di Luca, il film Disney sul tema della diversità.

Chissà quante volte anche noi abbiamo usato l’espressione “né carne né pesce” per indicare qualcosa, o qualcuno, che non ha una identità definita. E chissà quante volte l’abbiamo usata sottintendendo una connotazione spregiativa. Luca (Usa, 2021) di Enrico Casarosa, un gioiello di inventiva e delicatezza, è partito, forse, dalla stessa frase per darne una rappresentazione affatto diversa.

Luca Paguro è un ragazzino-pesce che vive nelle profondità del mare con i suoi genitori, ma che è, come tutti i preadolescenti, affascinato dalle cose che gli sono proibite, primo fra tutti il fatto di mettere piede sulla terraferma.

L’incontro con il suo coetaneo Alberto Scorfano, che vive senza genitori, sarà il motore primo che lo spingerà a trasgredire il divieto, scoprendo che quando esce dal mare si trasformano, lui e il suo nuovo amico, in esseri umani. Sarà così che incontreranno Giulia Marcovaldo (il riferimento esplicito – e non sarà il solo – è chiaramente a Italo Calvino), ragazzina esuberante che ha come sua massima aspirazione quella di sconfiggere il presuntuoso Ercole Visconti nell’annuale gara di triathlon.

Questa, in poche parole, la trama di un film che ha nella storia l’impalcatura per una costruzione narrativa, visiva, psicologica e sociale davvero magnifica.

È decisiva l’ambientazione geografica: la Liguria delle Cinqueterre (da cui è originario Enrico Casarosa), con le sue piccole baie, le sue calette, i paesini che si inerpicano dal mare direttamente verso la collina. È altrettanto significativa la definizione del periodo storico: siamo all’inizio degli anni ’60, con tutta una serie di rimandi culturali, dalle insegne dei negozi e delle botteghe ai manifesti pubblicitari, dai cartelloni dei film in programmazione alle canzoni che punteggiano la colonna sonora (il quartetto Cetra, Gianni Morandi, Mina, Rita Pavone, con l’unico anacronismo de “Il gatto e la volpe” di Edoardo Bennato, che appartiene al decennio successivo).

C’è, soprattutto, tutta la passione e la sensibilità di raccontare una fase della vita dei ragazzi e delle ragazze, quella, appunto, in cui ciascuno di noi si è trovato ad essere “né carne né pesce”, con accenti di profondità e di delicatezza davvero rari.

Ultima produzione Pixar in ordine di tempo, realizzata con una qualità di animazione in computer graphic che ogni volta non smette di meravigliare (Casarosa aveva già realizzato nel 2011, per la casa di produzione statunitense, un magnifico cortometraggio come La luna) Lucaè un film che va visto, rivisto, gustato e approfondito.

Anche perché, non è che uno dei suoi moltissimi meriti, ma secondo me è importante sottolinearlo, è un film che racconta anche come la passione per lo studio e l’importanza della scuola siano elementi fondamentali per la crescita complessiva ed equilibrata di un ragazzo o di una ragazza.

Come sempre accade nei lungometraggi Pixar, lo si guardi fino alla fine dei titoli di coda, per non perdere un esilarante elogio della stasi della vita negli abissi che è, al contempo, la conferma di quanto necessaria e vitale sia la curiosità impertinente dei preadolescenti e la descrizione in due minuti di come gli adulti che pretendono di essere al centro dell’attenzione non possono che produrre danni gravi quando va peggio o, nonostante la cieca arroganza che è propria di qualsiasi cattivo educatore, al massimo una noia mortale.

(Luca è disponibile sulla piattaforma Disney+, ma l’auspicio è che, come meriterebbe, ne sia resa possibile anche la programmazione in sala e la visione su grande schermo).