Primo giorno di scuola e già prende l’ansia, spesso i bambini non ne vogliono sapere di entrare, e allora come fare? Serve più autorevolezza o più affetto?

Con l’ultra udito, ma di questi tempi forse non ce n’è bisogno, ho intercettato un dialogo. Il figlio di tre anni dice alla mamma: “pensiamoci bene, mamma.” È un bambino che potrebbe essere definito d’oro: simpatico, collaborativo, disponibile al dialogo.

A cosa sta riferendosi questo giovane filosofo? A un’esperienza fatta il giorno prima. I suoi pianti sono stati amplificati da una giovane e brava maestra che, dopo aver un po’ contrattato, lo ha strappato dalle braccia della mamma e l’ha portato in classe, lasciando la mamma senza parole.

Il bambino è entrato in classe e dopo poco più di un quarto d’ora si è messo tranquillo a giocare.  L’esperienza però non gli è piaciuta, e ne sta parlando con la mamma davanti all’ingresso della bellissima e accoglientissima scuola fiorentina. La sua richiesta è di non ripetere la stessa scena del giorno prima. La memoria è ancora troppo forte.

Propone alla mamma un compromesso: oggi andiamo solo a salutarli e torniamo a casa. Non si può fare e sapete perché?

Ovvio, perché non ci si può fidare di un bambino. E se poi domani e domani e ancora domani farà sempre la stessa storia? Chi mi assicura che sa mantenere un patto, soprattutto quando si basa sul fragile terreno dell’affettività? Meglio avere un protocollo che valga per tutti, che tolga dal terreno sdrucciolevole dell’affetto.

Fior fiore di esperti dicono come si fa a “adattare” un bambino alla scuola. I risultati sono ottimi e quindi perché metterli in discussione? I bambini poi entrano in classe e sono contenti di starci.

Tutti?

No, non tutti, ma statisticamente la maggioranza.

Che cos’è che ti ha reso così cattivo? L’abitudine.
Harrison Ford al fratello nel film Sabrina.

Accipicchia e se capita anche a lui quello che è capitato a me, cioè di essere sempre stato dalla parte della minoranza? Questo della scuola sta diventando un problema serio per molti bambini e, soprattutto, per molti genitori. I genitori sono in allarme, gli insegnanti ce la mettono tutta per trovare una soluzione, e fanno corsi su corsi per migliorare la loro professionalità.

Sta di fatto che un clima di preoccupazione circonda la scuola. Colpa dei tempi che corrono? Della mancanza di autorevolezza? Oppure di questa nostra società che fa così tanta fatica a fare un passo verso una affettività piacevole e garantita?

“Che cos’è che ti ha reso così cattivo?” dice David al fratello Linus (Harrison Ford) nel film Sabrina. La risposta è tremenda: “l’abitudine”

Ecco, non facciamo l’abitudine a essere percepiti come cattivi. I bambini poi dimenticano, si abituano, ma forse si abituano anche a essere “cattivi”. Certo l’impegno di noi adulti è già al massimo, ma forse ci resta qualche energia per cercare di fare meno fatica.

La forza chiama la forza, l’affetto chiama l’affetto. E noi sappiamo certamente da che parte vogliamo stare.

primo giorno di scuola

P.S. La mamma lo ha mandato a scuola forzandolo un po’ (fine del discorso filosofico). È tornata a casa con il cuore piccolo piccolo. Non si è consolata neanche dicendosi che poi a scuola starà bene (come le ha assicurato la maestra). Anche lei spera di dimenticare presto questa sua brutta esperienza.

In effetti sarà così. Il “cosa” è successo è più facile da dimenticare del “come” lo abbiamo fatto succedere, che sicuramente si ripeterà. Ma era proprio necessario?

Perché la scuola continua a essere uno spazio ben recintato e separato dalla vita di tutti i giorni?

Proviamo a dare qualche risposta insieme?